#CANNES77 – 14/25 mayo 2024 ESPECIAL #7 (DIA 2)

A #UnCertainRegard il primo degli italiani: Roberto Minervini

(de Cannes Luigi Noera y Maria Vittoria Battaglia con la amable colaboración de Vittorio De Agrò (RS) – Las fotos son publicadas por cortesía del Festival de Cine de Cannes.)

THE DAMNED di Roberto MINERVINIil documentarista italiano Minervini ha fatto dei diseredati del sud degli Stati Uniti il soggetto preferito. Nel suo primo lungometraggio di finzione racconta invece la missione di un gruppo di soldati dell’Unione inviati alla frontiera occidentale durante la guerra civile americana.

Revisar: l’incipit ci mostra dei lupi che sbranano una carcassa, che sia un segnale per la carestia che segue ad ogni guerra? Sullo sfondo di un pallido cielo invernale: il paesaggio del Montana aggiunge dramma visivo.

estamos en 1862 in America e le terre dell’Ovest sono ancora da scoprire, mentre due visioni della vita si scontrano all’Est.

E’ così che si fece l’America con “l’aiuto di Dio”! Siamo agli albori dell’esercito americano che nel secolo passato ha avuto una parte decisiva per lo sviluppo come lo vediamo adesso nel terzo millennio. Infatti da questi avvenimenti nasce la più grande superpotenza del XXI secolo.

Questa volta il documentarista Minervini italiano trapiantato “per caso” nel profondo Sud Americano segregazionista e attento osservatore di quei contesti ideologici fa un salto indietro nel tempo per mostrarci le origini degli States.

E’ un racconto semplice senza fronzoli ma intenso della Grande America che è un popolo di predatori, alla conquista del West, alle prese con la Guerra di Secessione.

Il film ha uno sguardo lento e si sofferma sulla vita quotidiana del manipolo di soldati secessionisti con la tipica divisa grigia.

Il racconto di una imboscata da parte delle giacche blu avverse all’ideologia secessionista (ma questo è solo una scusa!) vede i primi subire gravi perdite di uomini. In un tragico episodio tutto il dramma dei vinti con immagini rarefatte che stridono con l’inizio minuzioso del racconto.

Esiste quindi una guerra giusta? E poi nel nome di Dio?

Il regista sparge qua e là simbolismi per far riflettere lo spettatore.

Infatti a volte il film sembra quasi sovversivo nella sua risoluta mancanza di tensione drammatica. Ma è inquietante in questo resoconto splendidamente filmato del lento logoramento di fede, speranza e scopo.

Lo sguardo è quello di un documentarista ma questa volta in una storia drammaturgica.

I soldati volontari inviati a pattugliare la selvaggia zona di confine dei territori occidentali nell’America della Guerra Civile sono uomini e ragazzi guidati da semplici certezze. Amano Dio e amano il loro paese, e credono di essere al servizio di entrambi in questo avamposto tristemente bello, lontano dalla civiltà. Ma quando l’inverno si avvicina e le scorte si esauriscono, i soldati iniziano a mettere in discussione la loro missione e le loro convinzioni fondamentali.

È questo istinto di sopravvivenza che spinge un di loro a rannicchiarsi in posizione fetale dietro un comodo ciuffo d’erba piuttosto che impegnarsi in una scaramuccia inaspettata con un nemico invisibile. Si rivela una decisione intelligente: sopravvive, ma molti dei suoi compagni vengono abbattuti nello scambio. Questa breve, selvaggia esplosione di combattimento reale è un punto di svolta per gli uomini, che si rendono conto che rimanere nel loro accampamento mentre l’inverno si avvicina è insostenibile.

Luigi Noera

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