
(from Venice Luigi Noera with the kind collaboration of Maria Vittoria Battaglia and Vittorio De Agrò (RS) – The photos are published courtesy of the Biennale)
Giorgio Diritti affronta il tema dell’uguaglianza nel film LUBO
Synopsis: Lubo è un nomade, un artista di strada che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo dopo scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di portare via i loro tre figli piccoli, that, in quanto Jenisch, sono stati strappati alla famiglia, secondo il programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse). Lubo sa che non avrà più pace fino a quando non avrà ritrovato i suoi figli e ottenuto giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui.
Review: 1939, siamo nel Cantone svizzero dove Lubo e la sua famiglia appartenente alla comunità itinerante degli Yenish vivono del lavoro di artisti di strada. Si tratta di una delle macchie più nere nella storia della Svizzera con l’espulsione forzata dei bambini appartenenti alla comunità itinerante agli Yenish del paese a metà del XX secolo.
Grazie al contributo del versatile attore tedesco Franz Rogowski nel ruolo di Lubo, un intrattenitore itinerante Yenish che viene usato e abusato da uno Stato che gli chiede di servirlo, come guardia di frontiera, mentre allo stesso tempo fa tutto il possibile per sradicare la sua cultura, Diritti ci racconta una serie TV.
Dispiace infatti dire che si tratta di un prodotto più adatto alla televisione anche per la notevole lunghezza, ma soprattutto per la caratteristica cinematografica più vicina ad essa.
Lubo nel paese di confine dove svolge il servizio di soldato forzatamente conosce un uomo misterioso di origini austriache dal nome Bruno che gli propone un lavoro sporco. Quando viene a conoscenza che i cantonali e gendarmi hanno rapito i figli e la moglie Miriam è morta in una situazione poco chiara sbattendo la testa Lubo non esita a prendere il posto del trafficante Bruno uccidendolo e prendendone l’identità. Adesso oltre ad essere assassino è passibile della corte marziale.
E’ la lotta di un uomo a cui è stato tolto tutto contro lo Stato Svizzero.
Per tanti anni riesce a sfuggire ad un investigatore che è alla ricerca dell’assassino utilizzando non solo la nuova identità ma anche proseguendo con successo gli affari loschi dell’austriaco.
Facciamo un salto temporale nel dopoguerra a Bellinzona dove conosce una cameriera in un albergo dove è solito svolgere la sua attività di contrabbando e se ne innamora. E’ questo il suo tallone d’Achille quando viene riconosciuto dall’investigatore che l’arresta venendo condannato dalla Giustizia svizzera. Quando dopo un poco meno di un decennio viene scarcerato l’amata Margherita è morta di un male incurabile e il suo desiderio di conoscere il figlio nato dalla relazione si concretizza in parte.
Siamo di fronte a un melodramma dove il regista denuncia quanto accaduto a tante famigli appartenenti ad una minoranza di zingari in Svizzera durante la seconda Guerra Mondiale e alle conseguenze sui singoli.
Bellissime ambientazioni d’epoca, girate in modo nitido, e il desiderio dello spettatore della conclusione narrativa frustrata dalla divagazione, ma alla fine restano dei frammenti: rabbia per un’ingiustizia e il ritratto del personaggio in un viaggio itinerante da Zurigo a Lugano e al Lago Maggiore.
Al centro resta il focus registico sulla Pro Juventate, fondazione svizzera responsabile del programma “Kinder der Landstrasse” (Bambini della strada) dell’allontanamento forzato dei bambini nomadi dai loro genitori.
Radicato in una grande ingiustizia, Lubo, diventa un ritratto stravagante e triste di un uomo rovinato da quell’ingiustizia. Ma non solo lui!
Ma ecco il commento del regista:
La lettura del romanzo Il seminatore di Mario Cavatore mi ha svelato vicende poco conosciute accadute in Svizzera per cinquanta anni, portandomi a riflettere sul senso di giustizia, sulle istituzioni, sul senso dell’educare e dell’amare. Ne è nato il film Lubo, da cui nello svolgersi degli eventi emerge quanto principi folli e leggi discriminatorie generino un male che si espande come una macchia d’olio nel tempo, penetrando nelle vite degli uomini, modificandone i percorsi, the values, generando dolore, anger, violence, ambiguità… ma anche un amore per la vita e per i propri figli che vuole sopravvivere a tutto e riportare giustizia.
luigi Noera