#BENÁTKY80 – 30/8 -9/9/2023 SPECIÁLNÍ #13: (DEN 7) Diario dal Lido

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Maria Vittoria Battaglia e Vittorio De Agrò (RS) – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)

Agnieszka Holland e la tragedia dei migranti ai confini dell’impero dello “Zar Putin” in una pellicola in B&N

synopse: Nelle insidiose foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia, i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko. Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE. Pedine di questa guerra sommersa, le vite di Julia, un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una confortevole esistenza, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano. A distanza di trent’anni da Europa Europa, il nuovo toccante lungometraggio di Agnieszka Holland, Zielona Granica, ci apre gli occhi, parla al cuore e ci sfida a riflettere sulle scelte morali che ogni giorno persone comuni si trovano ad affrontare.

Recensione: Con un suo stile inconfondibile, ma questa volta documentaristico, la regista polacca racconta cosa succede nel suo paese da quando è al potere la destra sovranista (cosa che d’altronde succede anche in Italia con modalità diverse ma effetti ugualmente devastanti).

La parola migranti dovrebbe essere una parola che unisce, invece divide.

Ambientato tra il 2021 E 2022 (durante l’invasione dell’Ucraina da parte dello Zar Putin) ci ritroviamo in una zona boscosa ai confini con la Bielorussia amica di Putin che letteralmente porta ai sui confini migranti che scappano da guerre, fame e stenti.

Sul lato opposto le guardie di confine “respingono” questi ultimi reietti portati con promesse a bordo di aerei direttamente dalla Turchia guidata da un altro dittatore: Erdogan che è stato finanziato dalla EU.

E’ quindi un film denuncia che riguarda anche noi anche se ci troviamo a migliaia di chilometri.

La scelta del B&N ha un impatto emotivo con lo spettatore che si ritrova a bordo di un aereo dalla Turchia a Minsk dove viaggia una famiglia di siriani che scappano dagli stenti di migranti non graditi scappati dalla decennale guerra civile siriana per trovare ristoro nel nord Europa senza sapere che li attende un altro inferno.

Con un ritmo che non lascia respiro la famiglia viene letteralmente catapultata in una zona di confine con la Polonia.

E’ proprio qui che inizia la loro tragedia e disorientamento perché vengono brutalmente rimbalzati anzi un neonato letteralmente gettato al di la del confine tra Polonia e Bielorussa in una orribile scena.

Ma c’è anche l’aspetto dell’indottrinamento della popolazione locale a non aiutare questi reietti da parte della polizia polacca di frontiera salvo essere incriminati per immigrazione clandestina (d’altronde e quello che succede da noi nel mediterraneo con le ONG).

C’è anche un terzo aspetto che riguarda i polacchi che non si piegano alle indicazioni della politica e con spirito empatico aiutano i sopravvissuti di questa ennesima tragedia che beninteso è determinata dagli uomini.

E’ la storia di una famiglia siriana. Una donna afghana. Una giovane guardia di frontiera. Una psicologa polacca cinquantenne diventata attivista. Tutti si ritrovano dentro e intorno all’inospitale foresta che segna il confine tra Bielorussia e Polonia in questo superbo dramma multistrato di Agnieszka Holland.

Ma l’attuale situazione tra Bielorussia e Polonia è andata oltre. In una mossa del dittatore bielorusso Alexander Lukashenko calcolata per provocare l’Europa, i rifugiati sono stati attirati al confine bielorusso dalla propaganda che promette un passaggio sicuro e facile nell’UE. namísto, si sono trovati di fronte alle guardie di frontiera polacche che sono state condizionate a considerarli non come esseri umani, ma come armi nell’arsenale di Lukashenko e Putin. “Sono proiettili veri”, dice una guardia di alto rango durante un discorso di rivolta progettato per imbrigliare l’odio già in agguato nei cuori della sua squadra.

avšak, lontani dalla via facile che era stata loro promessa, loro, come centinaia di altri rifugiati disperati, si ritrovano pedine in uno stallo geopolitico, spinti avanti e indietro attraverso il confine e sottoposti a trattamenti sempre più disumani da parte di teppisti in uniforme. È una visione dura e a volte estenuante, che trae notevole potenza dalla cruda autenticità delle performance (molti del cast sono veri rifugiati).

L’epilogo è incredibile perché mostra le stesse guardie di confine che hanno respinto i siriani nel 2021 ad accogliere con l’empatia dovuta i rifugiati ucraini nella crisi del 2022.

Allora ci chiediamo se non siano burattini in mano al potente del momento e se non dovremmo ribellarci in nome della fratellanza universale, ma il secolo appena trascorso ci da la risposta.

Ma ecco il commento della regista

Viviamo in un mondo in cui sono necessari grande immaginazione e coraggio per affrontare tutte le sfide dei nostri tempi. La rivoluzione dei social media e l’intelligenza artificiale hanno ostacolato sempre di più l’ascolto di voci autentiche. A mio avviso, non ha alcun senso impegnarsi nell’arte se non si lotta per quelle voci, se non si lotta per porre domande su questioni importanti, dolorose, a volte irrisolvibili, che ci mettono di fronte a scelte drammatiche. Questa è esattamente la situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia.

Luigi Noera

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