Kaurismaki colpisce ancora
(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)
In questa settima giornata del 76° Festival di Cannes, è avvenuto un piccolo miracolo: Aki Kaurismaki, da quarant’anni, od této chvíle, uno degli autori più interessanti del cinema contemporaneo mondiale, ha presentato in concorso Fallen Leaves, la sua ultima fatica, la quale ha deliziato il pubblico della Croisette. nicméně, ecco una breve panoramica dei principali lungometraggi presentati oggi a Cannes.
COMPETITION
CLUB ZERO di Jessica HAUSNER
Solita effettuare un’analisi del mondo e della società in cui viviamo con sguardo critico e attento, la regista austriaca Jessica Hausner è giunta a Cannes 76 per presentare in concorso Club Zero, la sua ultima fatica. kdo, attraverso la significativa metafora del cibo, viene analizzata una questione estremamente attuale che riguarda, in particolare, il bisogno della gente di abbracciare cause “estreme” al fine di affermare, V tak či onak, la propria identità.
Miss Novak (impersonata da Mia Wasikowska), proto, è una giovane e carismatica insegnante appena assunta in un prestigioso liceo privato, dove terrà un corso di educazione alimentare. Un gruppo di studenti, ognuno con una diversa motivazione, frequenterà il suo corso, který, nicméně, prenderà delle pieghe sempre più estreme, fino a toccare il più scellerato fanatismo.
Club Zero, proto, parte da un’idea incredibilmente potente e decisamente attuale, qui declinata secondo la pregnante metafora del cibo. La messa in scena adottata da Jessica Hausner, perfettamente in linea con l’intera sua filmografia, è rigorosa e perfetta in ogni sua singola inquadratura, resa tale anche da un sapiente uso dei colori e delle musiche, che qui assumono quasi le connotazioni di una marcia funebre.
a ještě se, nonostante tutto, nella seconda metà del film, la regista tende spesso pericolosamente a ripetersi, con tanto di sporadici momenti a tratti eccessivamente gratuiti. že uvedená, Club Zero resta comunque un film indubbiamente interessante, seppur minore rispetto ad altri lungometraggi che l’hanno meritatamente resa famosa in tutto il mondo.
FALLEN LEAVES di Aki KAURISMAKI
Tra i lungometraggi più attesi in concorso a Cannes 76 v’è indubbiamente Fallen Leaves, l’ultimo lavoro dell’acclamato regista finlandese Aki Kaurismaki. E infatti, tale lungometraggio ha immediatamente conquistato pubblico e critica già dalla sua prima proiezione alla Croisette. Forte di quanto realizzato dallo stesso regista in passato, Fallen Leaves si sviluppa su diversi livelli spazio-temporali, partendo, vskutku, da una tanto semplice quanto poetica storia d’amore.
Un uomo e una donna (i cui nomi solo raramente vengono menzionati nel corso della visione) vivono all’estrema periferia di Helsinki e sono fondamentalmente due persone sole. Una sera, per caso, essi si incontrano durante una serata di karaoke e tra loro è amore a prima vista. La loro storia, nicméně, faticherà a decollare a causa di una serie di sfortunati eventi che tenderanno costantemente ad allontanarli.
Fallen Leaves, proto, si distingue immediatamente per un’ambientazione senza tempo, in cui le case presentano un mobilio eccessivamente datato e non v’è (kvazi) alcuna traccia di tecnologia alcuna. Soltanto le notizie alla radio, příležitostně, ci riportano ai tempi nostri, aggiornandoci sull’attuale situazione in Ucraina. Pokud jde o zbývající, all’interno di una messa in scena fatta di inquadrature prevalentemente statiche, di colori netti e saturi e di un costante straniamento brechtiano performato dagli attori, ci viene regalata la potente immagine di un mondo in cui sembra non esserci considerazione alcuna per l’essere umano in quanto tale, in cui si è quasi come foglie al vento, in balia di ogni più imprevedibile evento.
Nel mettere in scena tutto ciò, Kaurismaki non ha dimenticato nemmeno il suo (e nostro) amato cinema. Un piccolo cinema di periferia in cui vengono proiettati quasi esclusivamente classici dal passato fa da essenziale legame tra i due protagonisti, in grado di trovarsi e ritrovarsi lì pur non conoscendo l’uno il nome dell’altra. Aki Kaurismaki ancora una volta ha colpito nel segno. E con questa sua piccola ma complessa opera ci ha regalato una delle più belle visioni di Cannes 76.
POHLED SOME
LOS COLONOS di Felipe GÁLVEZ
Terra del Fuoco, Repubblica del Cile, 1901. Un territorio immenso e fertile che l’aristocrazia bianca cerca di “civilizzare”. Tre cavalieri vengono ingaggiati da un ricco proprietario terriero, José Menendez, per espropriare le popolazioni indigene delle loro terre e aprire una rotta verso l’Atlantico. Sotto il comando del tenente MacLennan, un soldato britannico, e di un mercenario americano, il giovane meticcio cileno Segundo scopre il prezzo della costruzione di una giovane nazione, il prezzo del sangue e della menzogna. Lo ha visto per noi Luigi Noera (PŘEHLED).
OUT OF COMPETITION
SPECIAL SCREENINGS
MAN IN BLACK di WANG Bing
Un sentito e sincero omaggio al grande compositore cinese Wang Xilin ci è stato regalato dal regista Wang Bing nel suo mediometraggio Man v Černý, presentato in anteprima fuori concorso al 76° Festival z Cannes.
Una messa in scena essenziale, spoglia di inutili fronzoli, proto, si è rivelata la soluzione giusta al fine di raccontarci la storia del protagonista. Il tutto si apre, proto, con l’immagine di un uomo (lo stesso Wang Xilin) che ci accinge a entrare, completamente nudo, all’interno di un vecchio edificio. kdo, improvvisamente, si ritrova su di una sorta di palco teatrale. Le musiche da lui composte fanno inizialmente da protagoniste assolute, fin quando lo stesso si siede a un pianoforte. Poi, lentamente, inizia a raccontarsi. La sua storia – e, al contempo, anche la storia della Cina – prendono magicamente vita sul grande schermo.
Nel mettere in scena tutto ciò, Wang Bing ha optato per una messa in scena il più essenziale possibile. La macchina da presa di concentra sul corpo del suo protagonista, segnato da tanti eventi, ma ancora dignitoso nel suo farsi portatore di un’importante memoria storica. Non c’è bisogno, v Man v Černý, di null’altro, al fine di trasmettere allo spettatore la vera essenza della storia. Le immagini, inizialmente, parlano da sé, per poi fare delle parole le loro attrici principali. a tak, in questo piccolo, prezioso e doloroso Man v Černý ci viene regalata l’immagine vivida e pulsate di un periodo storico a dir poco cruciale, oltre a un raffinato omaggio a uno dei compositori più importanti dei nostri giorni.
LE THÉORÈME DE MARGUERITE di Anna Novion
Il futuro di Marguerite, brillante studentessa di matematica all’ENS, sembra essere già prestabilito. Unica ragazza del suo corso, sta ultimando una tesi che deve presentare a un gruppo di ricercatori. Il grande giorno, un errore stravolge tutte le sue certezze e l’intera struttura crolla. Marguerite decide di lasciarsi tutto alle spalle e di ricominciare da capo. Lo ha visto per noi Luigi Noera (PŘEHLED).
QUINZAINE
L’AUTRE LAURENS di Claude Schmitz
La Francia, a, è da sempre maestra del genere polar, al punto da aver fatto scuola in tutto il mondo in tal senso. L’autre Laurens, diretto da Claude Schmitz e presentato in anteprima a Cannes 76 alla čtrnáct dní des Cinéastes, vuole continuare tale tradizione strizzando, al contempo, l’occhio anche al cinema statunitense. Sarà riuscito il regista in tale (difficile) impresa? Presto detto.
La storia messa in scena è quella di un detective specializzato in adulteri, il quale si ritrova a indagare sulla morte di suo fratello gemello, che non vedeva ormai da anni. In un singolare contesto al confine franco-spagnolo, proto, avranno luogo le sue indagini, ulteriormente arricchite da personaggi grotteschi e che ben si collocano all’interno di una storia come la presente.
Ironico, a tratti impacciato, ma complessivamente godibile, il film gioca fortemente con stereotipi di genere e personaggi che, nel corso degli anni, abbiamo visto più e più volte in simili contesti: dalla giovane Lolita, ai poliziotti corrotti, fino, addirittura a un’affascinante femme fatale. In tal senso, proto, il lungometraggio sembra aver quasi paura a liberarsi da determinati cliché, risultando quasi un piccolo esercizio di stile a cui manca, jen, una buona dose di coraggio per “spiccare il volo”. hřích. Soprattutto perché di potenzialità ce n’erano davvero tante. Bisognerà vedere cos’altro il regista saprà regalarci in futuro.
SEMAINE DE LA CRITIQUE
Compétition
Lost Country di Vladimir Perišić
Un piccolo gioiello è stato presentato, dnes, alla Semaine z la Critique. Mluvíme o Lost Country, diretto dal giovane regista serbo Vladimir Perišič, nonché sincera e toccante fotografia di un’epoca a dir poco cruciale per la sua stessa nazione.
kdo, proto, ci viene raccontata la storia di Stefan, un ragazzo di sedici anni che viv
e insieme a sua mamma (una straordinaria Jasna Duričić), portavoce di governo. In un 1996 in cui le proteste contro Milošević si faranno via via sempre più aspre, il giovane sarà combattuto tra l’amore che prova per sua madre e i crimini di stato per cui il suo partito è responsabile.
Lost Country, proto, ruota interamente intorno al suo magnetico protagonista. Crudo, doloroso, ma anche estremamente vicino ai suoi personaggi, il film si distingue immediatamente per una regia pulita e per un ruvido realismo che della storia del cinema (nemožné nemyslet, per quanto riguarda determinati eventi, addirittura al grande Robert Bresson) ha fatto tesoro, porod, al contempo, a qualcosa di totalmente nuovo e personale. I temi trattati sono estremamente complessi e delicati, i dilemmi morali che attanagliano il giovane protagonista anche. E il regista, jeho část, è riuscito a gestire tutti questi elementi con grazia e sensibilità, facendo a suo modo la differenza all’interno della ricca selezione di Cannes 76.
ACID
ON THE EDGE di Nicolas PEDUZZI
Il Festival z Cannes, a, presenta sempre un programma particolarmente ricco e variegato. Non capita di rado, proto, che anche all’interno di sezioni collaterali si possano scoprire dei veri e propri gioielli del cinema contemporaneo. V tomto ohledu, dokumentární On the Okraj, l’ultima fatica del cineasta francese Nicolas Peduzzi, presentata al Festival z Cannes 2023 v rámci sekce ACID, si è rivelato un prodotto estremamente interessante, který, forte anche di una regia ben calibrata e mai sopra le righe, ci permette di conoscere da vicino una realtà di cui in molti hanno sentito parlare, ma che ben pochi possono dire di conoscere davvero.
A Parigi, nel quartiere di Clichy, c’è un importante ospedale psichiatrico, l’ospedale pubblico di Beaujon. Tale ospedale, bohužel, ha risentito molto dei tagli ai finanziamenti pubblici e, tudíž, può disporre di un solo psichiatra, který, con l’aiuto di una piccola squadra di assistenti, dovrà far fronte nel miglior modo possibile alle disperate condizioni in cui si trovano i pazienti che, ogni giorno, affollano la clinica.
La macchina da presa di Nicolas Peduzzi ci appare fin da subito incredibilmente vicina ai suoi protagonisti. Non accade di rado, proto, che durante la visione di On the Okraj ci vengano regalati intensi primi piani durante i dialoghi tra il medico e i suoi pazienti. Storie strazianti di chi ha tentato varie volte il suicidio, di chi ha subito pesanti traumi, di chi fatica a trovare il proprio posto nella società si alternano l’una dopo l’altra insieme ai racconti del giovane Dottor Jamal e tutte insieme – forti anche di un montaggio a tratti serrato che non ci dà quasi il tempo di riprendere fiato tra una scena e l’altra – vanno a comporre un variegato e variopinto affresco di una delle tante realtà che ogni giorno colorano la città di Parigi.
Non v’è bisogno, v On the Okraj, di ridondanti didascalie. Le immagini parlano semplicemente da sé e, někdy, possono fare tanto, tanto male. a ještě se, di fianco a tanta disperazione, c’è comunque un seppur debole barlume di speranza. Nicolas Peduzzi sa il fatto suo. E con questo suo importante documentario ha saputo farsi indubbiamente notare all’interno del ricco programma di questo 76° Festival z Cannes.
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marina obavy