Varietà di approcci
(de Cannes Luigi Noera y Marina Pavido – Las fotos son cortesía del Festival de Cine de Cannes.)
Nella terza giornata di Cannes 76 i film presentati si sono distinti innanzitutto per una grande varietà di tematiche e di approcci registici adottati. Tra qualche delusione e qualche piacevole sorpresa, ecco alcuni dei lungometraggi presentati sulla Croisette.
COMPETITION
JEUNESSE di WANG Bing
Il documentario esamina la vita dei giovani operai cinesi che lavorano nel settore tessile, nella città di Zhili, un 150 km da Shanghai. Lo ha visto per noi Luigi Noera (REVISIÓN).
BLACK FLIES di Jean-Stéphane Sauvaire
Grande delusione sulla Croisette in seguito alla visione di Negro Flies, diretto da Jean-Stephane Sauvaire e in corsa per la tanto ambita Palma d’Oro. Ya, porque, de hecho, questa tanto attesa pellicola si è rivelata, en efecto, un prodotto assai debole, soprattutto per quanto riguarda l’intera struttura narrativa. Pero vayamos paso a paso.
Ollie (impersonato da Tye Sheridan) es, por lo tanto, un giovane paramedico che vive a New York e che lavora a stretto contatto con Rutkovsky (Sean Penn), un medico con parecchi anni di esperienza alle proprie spalle. Per le strade (e per le case) della Grande Mela, soprattutto di notte, se ne vedono di tutti i colori. sin embargo, il loro lavoro sembra procedere come da programma, fino a quando un incidente di percorso metterà a repentaglio proprio la carriera di Rutkovsky.
Per le tematiche trattate, questo lungometraggio di Sauvaire sembrerebbe indubbiamente interessante. Por lo menos en el papel. Peccato soltanto che si tratti, en efecto, di una pellicola piuttosto problematica. A partire dal fatto che per quasi tutta la prima ora e mezza il film sembra girare pericolosamente a vuoto, guidato da una macchina da presa che segue fedelmente le folli corse e i vari incontri dei protagonisti, esitando fin troppo a entrare nel vivo della vicenda. del mismo modo, nella debolissima sottotrama che tratta la neonata relazione tra Ollie e una giovane ragazza madre, non viene raccontato, en efecto, praticamente nulla, fatta eccezione per ripetitive scene di intimità che proprio per il loro stanco reiterarsi assumono a tratti connotazioni involontariamente comiche.
pecado. Sobre todo porque, de hecho, este Negro Flies di spunti interessanti ne ha eccome. La storia in sé, sin embargo, è troppo scarna per poter essere trasposta in un lungometraggio e finisce inevitabilmente per trascinarsi per circa due ore fino ad arrivare a un finale, al contrario, eccessivamente repentino.
UNA CIERTA MIRADA
LOS DELINCUENTES di Rodrigo MORENO
Una piacevole sorpresa, all’interno della sezione una certain Regard di questo 76° Festival de Cannes, ci è stata regalata dal lungometraggio Los Delinquentes, diretto dal regista argentino Rodrigo Moreno. Caratterizzato da una comicità sottile e velatamente surreale, il lungometraggio sembra voler a tratti rimandare al teatro dell’assurdo (basti pensare, por ejemplo, che i nomi dei personaggi sono l’uno l’anagramma dell’altro), approfondendo, al mismo tiempo, un mai banale discorso sulla libertà personale e – non per ultimo – sul cinema.
La historia puesta en escena, por lo tanto, è quella di Roman e Moran, due impiegati di banca che si sentono incredibilmente frustrati dal loro lavoro. un solo día, al fine di dare finalmente una svolta alla propria vita, Moran decide di rubare dal caveau della banca un’ingente somma di denaro che equivale a quanto i due avrebbero guadagnato durante tutta la loro carriera. Roman diviene suo complice e, nel momento in cui Moran verrà arrestato, avrà il compito di custodire i soldi fino al momento della scarcerazione del suo amico.
Durante tale periodo, sin embargo, ne accadranno di tutti i colori e Roman avrà anche modo di conoscere – e di innamorarsi – della bella Norma, conosciuta per caso in un villaggio poco lontano da Buenos Aires, dove il suo amico aveva nascosto i soldi.
Los Delinquentes, por lo tanto, si diverte innanzitutto a sperimentare nuove strutture narrative. Diviso in due parti, nella prima il film si concentra principalmente sul furto e sul personaggio di Moran, mentre nella seconda assistiamo alle vicissitudini di Roman, al suo incontro con la bella Norma e anche a un lungo flashback che riguarda nuovamente il suo amico Moran. Nel mettere in scena tutto ciò, Rodrigo Moreno non ha avuto paura di prendersi i suoi tempi, conferendo all’intero lungometraggio un andamento piuttosto placido e contemplativo, con suggestive distese di verde che vengono trattate alla stregua di veri e propri personaggi, piccole troupe cinematografiche amatoriali che registrano suoni ambientali sulle montagne e sale cinematografiche in cui (Rhode Island)vedere grandi classici del passato.
Los Delinquentes è tutto questo e nella sua apparente semplicità si è rivelato un film particolarmente arguto, intelligente, ironico e autoironico. una (no demasiado) piccolo fiore all’occhiello all’interno della sezione una certain Regard de Cannes 76.
ROSALIE di Stéphanie DI GIUSTO
Rosalie è una giovane donna che vive nella Francia del 1870 e che nasconde un segreto: fin dalla nascita ha il viso e il corpo ricoperti di peli. È quella che viene definita una donna barbuta ma non ha mai voluto diventare un volgare fenomeno da luna park. Per paura di essere rifiutata, è da sempre costretta a radersi. Fino al giorno in cui Abel, proprietario di un bar pieno di debiti, la sposa per la sua dote senza conoscere il suo segreto. Lo ha visto per noi Luigi Noera (REVISIÓN).
QUINZAINE
UN PRINCE di Pierre Creton
Ormai da anni apprezzato autore, il regista francese Pierre Creton ha anche un passato da botanico e agricoltore e sovente, por lo tanto, ha fatto sì che la sua precedente professione potesse ottenere un posto di rilievo anche nei suoi lungometraggi. Stesso discorso vale, por lo tanto, también para una Prince, su último, presentata in anteprima a Cannes 76 dentro de la quincena des Cinéastes.
En una Prince, por lo tanto, ci vengono raccontate le vicende di un giovane che lascia casa sua per andare a frequentare una rinomata scuola per giardinieri. All’interno di tale scuola, por lo tanto, avverrà anche la sua educazione sentimentale, grazie all’incontro con anziani insegnanti, studenti ed esperti giardinieri.
Con leggerezza e ironia – conferendo, al mismo tiempo, un prezioso simbolismo e una ricercata cura alle immagini sul grande schermo – Pierre Creton, por lo tanto, ci racconta una storia in parte autobiografica lasciando, de vez en cuando, che siano gli stessi personaggi a raccontarcela e a raccontarsi. All’interno di un contesto prevalentemente maschile, por lo tanto, soltanto una donna apre la narrazione, per poi lasciare il posto ai veri protagonisti della storia. Una puesta en escena, la presente, indubbiamente estrema, que, sin embargo, forte di riprese effettuate prevalentemente a camera fissa e di una fotografia dai toni tendenzialmente virati al blu si rivela particolarmente efficace nel conferire al tutto un tocco quasi surreale, que, grazie anche a una particolare e rigorosa direzione attoriale, ci fa quasi pensare al teatro di Bertold Brecht.
Con questo suo una Prince, por lo tanto, ancora una volta Pierre Creton non ha deluso le aspettative nemmeno dell’esigente pubblico della Croisette.
Semana de la Crítica
Compétition
Inshallah walad (Inshallah a boy) di Amjad Al Rasheed
Non è facile essere una donna. Soprattutto quando si resta improvvisamente sole e si ha una bambina da crescere. cosas, sin embargo, potrebbero farsi ancora più complicate nel momento in cui si venga minacciate da famigliari per puri interessi economici. Ne sa qualcosa Nawal (impersonata da Mouna Hawa), protagonista del lungometraggio Inshallah un Boy, diretto dal giovane regista giordano Amjad Al Rasheed e presentato in anteprima in occasione del 76° Festival de Cannes dentro de la Semaine de la Critique.
Nawal, por lo tanto, ha trent’anni e, mamma già di una bambina, sogna di avere un altro figlio da suo marito. Quando quest’ultimo, sin embargo, muore improvvisamente nel sonno, la donna si trova completamente sola e mentre cerca di tirare avanti per il bene di sua figlia, i suoi cognati la ricattano affermando che, a causa di alcuni debiti del suo defunto marito, potrebbero impossessarsi di casa sua. A meno che la donna non sia già nuovamente incinta.
Nawal corre tutto il giorno da una parte all’altra della città. Sembrerebbe che i suoi problemi non possano mai risolversi. La nipote di una sua paziente è incinta e con un test di gravidanza falsificato potrebbe aiutarla in tribunale. Ma sarà questa la strada giusta da percorrere?
Con Inshallah un Boy, Amjad Al Rasheed ha voluto innanzitutto denunciare un sistema in cui le donne sole sembrano non godere di tutela legale alcuna all’interno di una società in cui usi e costumi finiscono per rivelarsi – purtroppo – ancora troppo obsoleti. Una fina tal, un ruvido realismo si rivela la soluzione vincente per mettere in scena le vicissitudini della protagonista, rese ancora più cariche di pathos sul grande schermo da intensi primi piani e da momenti in cui i silenzi – durante le notti insonni, in cui il telefono non cessa di squillare – valgono più di mille parole.
Anjad Al Rasheed ha messo in scena tutto ciò con grazia ed eleganza, rendendo questo suo Inshallah un Boy un lungometraggio intenso e mai banale, cuando, di fianco a tante disgrazie, non è mai troppo tardi per sperare in un futuro migliore.
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temores marina