SPECIAL # RFF13 # 02- 18/28 octobre 2018 (JOURNÉE 1) – avis Marina peur: 7 Strangers in El Royale

sept histoires différentes qui partagent le mystère qui les entoure, ma la sceneggiatura non supera l’esame finale

(Rome Luigi Noera avec l'aimable collaboration de Marino peur- Les photos sont publiées avec l'autorisation de Rome Film Fest)

Presentato in anteprima – all’interno della Sélection officielle – alla tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, 7 Strangers in El Royale è l’ultimo lavoro del regista statunitense di Drew Godard, già apprezzato per Quella Casa nel Bosco.

Un hôtel à cheval entre la Californie et le Nevada. Un concierge timide et peu sûre, accro à l'héroïne. et alors, un après l'autre, un arrogante agente segreto, un prete, una cantante blues e una nevrotica hippy. Fin dai primi minuti si respira tensione. Molta tensione. Una tensione che sta tanto a presagire l’imminente scoppio di una bomba. E la bomba, de facto, non tarderà a scoppiare.

Con evidenti rimandi al cinema di Tarantino, di Hitchcock e – perché no? – anche di Sergio Leone, questo suo ultimo lungometraggio, seppur qualitativamente inferiore alla sopracitata opera prima, di fatto non ha deluso le aspettative. L'histoire mise en scène, donc, è molto più complessa e intricata di quanto si possa pensare. Pian piano, mais, tutto torna, quasi a formare, come tanti pezzi di un puzzle, un unico quadro, senza lasciare alcun elemento in sospeso, ma curando ogni cosa sin nel minimo dettaglio. Ad arricchire il tutto, una regia pulita, sapiente e che sta a giocare spesso con immagini simmetriche e riflessi: finti equilibri sul punto di disintegrarsi e false verità a cui ogni personaggio, de temps en temps, è portato a credere.

quelle, immediatamente dopo la visione di un prodotto come 7 Strangers in El Royale salta agli occhi è soprattutto il fatto che lo stesso Goddard pare si sia divertito parecchio nel realizzare il presente lavoro, giocando sapientemente con lo spettatore e le sue suggestioni e lavorando soprattutto di montaggio. Un film, son, dai toni pulp che sì prende a esempio quanto già realizzato in passato, mais, à la fois, riesce ad assumere un’identità tutta sua, classificandosi più come omaggio ai cineasti sopracitati che come risultato di diverse suggestioni dal passato. Et ce, sans aucun doute, non è poco.

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