SPECIAL 68th #BERLINALE #7 - 15/25 Februar 2018: (TAG 3) – Dovlatov di Alexej German Jr..

Il colosso russo Alexej German Jr. con DOVLATOV mette a nudo le nefandezze del socialismo reale ai tempi dell’Unione Sovietica

(Luigi Noera aus Berlin in Zusammenarbeit mit Marina ängstlich – Le foto sono pubblicate per gentile concessione Berlinale)

Präsentiert im Wettbewerb der Berlinale 68., Dovlatov è l’ultimo lungometraggio del cineasta russo Alexej German Jr.

Un’opera sentita, Komplex, profondamente dolorosa questa realizzata da German, la quale – ambientata nel novembre 1971 – ci racconta una settimana della vita del giovane scrittore sovietico Sergej Donatovič Dovlatov, die, lavorando principalmente come giornalista, ma frequentando i maggiori intellettuali dell’epoca (tra cui il poeta, nonché suo caro amico Joseph Brodsky), vede continuamente i manoscritti dei suoi romanzi essere respinti dalle principali case editrici, in quanto egli stesso in quanto autore è da sempre particolarmente inviso al regime.

Sie, deshalb, nell’arco di soli sette giorni che questo lavoro di German si svolge. Sette, intensi giorni, durante i quali non solo la resistenza, ma anche il fermento culturale e la voglia di cambiamento fanno da protagonisti assoluti. Tale fermento è ben reso dai dialoghi che – al pari di un vero e proprio flusso di coscienza – si susseguono ininterrottamente per tutta la durata del lungometraggio, unitamente ad una macchina da presa che – vicina ma mai invadente e con lunghi, lunghissimi piani sequenza– si fa strada, von Zeit zu Zeit, tra i personaggi presenti nel quadro, quasi come se – con empatia, ma anche con dovuto distacco – volesse darci un’idea generale di ciò che era l’ambiente intellettuale russo di quegli anni. A contribuire alla messa in scena, una fotografia dai toni decisamente smorzati, eccessivamente tenui, dove la nebbia della città sembra invadere anche ogni ambiente interno e che si rivela particolarmente adatta a raccontare in che modo le voci degli intellettuali dell’epoca venissero “soffocate”. Nulla è lasciato al caso, in questo lungometraggio di German. Persino la scelta di una messa in scena differente dal suo solito.

Come mai, deshalb, delle scelte così estreme e, wenn wir wollen,, così drastiche? Die Antwort, de facto, sta nel sottotesto del lungometraggio stesso. Chi ha avuto modo di apprezzare anche i lavori del padre del regista – ossia del grande Alexej German, die gestorben sind in 2013 – ben sa quali difficoltà l’autore abbia dovuto affrontare a causa del regime e quanto i suoi stessi lavori siano stati censurati in patria. Ed ecco che il Sergej Dovlatov qui protagonista non è più il Sergej Dovlatov scrittore, oder besser, non solo, ma è, vor allem, trasfigurazione dello stesso padre del regista, del quale viene qui ripreso anche in parte lo stile di messa in scena. Forse non tutti ricorderanno, beispielsweise, il bellissimo It’s hard to be a God (2013), dello stesso Alexej German padre, uscito postumo e presentato in anteprima anche alla Filmfestival von Rom 2013. hier, tale opera si distingueva per la singolarissima messa in scena, in cui, unitamente ad un curato bianco e nero, abbiamo potuto ammirare una serie di lunghi piani sequenza che ci mostravano – grazie a movimenti di macchina molto simili a quelli scelti per Dovlatov– gli abitanti di questa singolare città che tanto stava a ricordarci un quadro di Bruegel. ob, deshalb, questo personalissimo lungometraggio di Alexej German jr un sentito omaggio a suo padre, che per tanto tempo ha dovuto scontrarsi con il potere, è cosa palese. E lo stesso German padre, simbolo di coraggio ed amore per l’Arte si fa qui paladino della libertà di parola e di opinione, dass, anche in un’epoca come la nostra, non sempre vengono salvaguardate come dovuto.

Un film universale, questo magnifico Dovlatov. Universale, maestoso e meravigliosamente sincero. Un’opera di fronte alla quale non possiamo far altro che lasciarci trasportare come se fosse un fiume in piena e fermarci ad osservarla, dal basso verso l’alto, con ossequiosa riverenza.

 

Marina Ängste

Hinterlasse eine Antwort