#CANNES76 – 16/27 maggio 2023 SPECIALE #23 (DAY 10): Le incursioni critiche di Marina sulla Croisette

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Verso la fine del festival

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Ancora film in concorso, in questa decima giornata del 76° Festival di Cannes. Eppure, di fianco a importanti nomi del calibro di Wim Wenders e Catherine Breillat, vi sono stati anche altri importanti autori – oltre, ovviamente, a registi esordienti – ad aver presentato le loro opere sulla Croisette. Di seguito, dunque, alcune tra le principali novità di Cannes 76.

COMPETITION

L’ÉTÉ DERNIER di Catherine BREILLAT

Un importante avvocato mette a repentaglio la sua carriera e minaccia di distruggere la sua famiglia intrecciando una relazione con il figliastro diciassettenne. Lo ha visto per noi Luigi Noera (RECENSIONE).

d101PERFECT DAYS di Wim WENDERS

Hirayama lavora come addetto alle pulizie nei bagni pubblici di Tokyo. Vive una vita semplice e una routine quotidiana molto strutturata. Ha una passione per la musica, i libri e gli alberi, che ama fotografare. Il suo passato sta per riaffiorare attraverso incontri inaspettati. Una riflessione commovente e poetica sulla ricerca della bellezza nella vita quotidiana. Lo ha visto per noi Luigi Noera (RECENSIONE).

UN CERTAIN REGARD

RIEN À PERDRE di Delphine DELOGET

Sylvie vive a Brest con i suoi due figli, Sofiane e Jean-Jacques. Insieme formano una famiglia molto unita. Una sera, Sofiane si ferisce mentre è da solo nell’appartamento e la madre è al lavoro. Viene fatta una denuncia e Sofiane viene affidato a un istituto. Armata di un avvocato, dei suoi fratelli e dell’amore dei suoi figli, Sylvie è sicura di essere più forte della macchina amministrativa e legale… Lo ha visto per noi Luigi Noera (RECENSIONE).

QUINZAINE

d102IN OUR DAY di Hong Sang-soo

È pur sempre un piacere per gli occhi, vedere sul grande schermo un film di Hong Sangsoo. Già, perché, di fatto, il celebre regista sudcoreano è solito regalarci da anni preziosi momenti di pura contemplazione, effettuando anche importanti riflessioni sulla vita, sull’arte, sulla bellezza. Stesso discorso vale per In our Day, la sua ultima fatica, nonché film di chiusura della Quinzaine des Cinéastes di Cannes 76.

Girato esclusivamente in interni, il film ci mostra due conversazioni in parallelo: quella tra un’attrice di successo e una sua amica che vorrebbe intraprendere il suo stesso percorso e quella tra un anziano poeta (che tenta in ogni modo di smettere di bere e di fumare) e un suo giovane ammiratore.

Le parole si susseguono una dopo l’altra. Un gatto particolarmente goloso conferisce al tutto un tocco di leggerezza. Un approccio registico semplice e il più essenziale possibile fa da protagonista assoluto. Hong Sangsoo non ha paura di prendersi i suoi tempi e giocando sempre più di sottrazione continua quel trend che caratterizza ormai da diversi anni i suoi lungometraggi. E, dunque, forse è proprio questo l’unico problema del presente In our Day: la forte, fortissima somiglianza con numerose altre opere dell’autore.

Poco male, però. Perché, di fatto, quello davanti a cui ci troviamo è indubbiamente un lungometraggio estremamente poetico e raffinato, di quelli che, al termine della visione, fanno bene allo spirito.

ACID

d103NOME di Sana Na N’Hada

La sezione indipendente ACID del Festival di Cannes, ci regala spesso interessanti sorprese. Una di queste, ad esempio, è Nome, il film di chiusura, realizzato da Sana Na N’Hada.

Ci troviamo in Guinea, nel 1969. Nome, dunque, si chiama anche il protagonista della storia, un giovane combattente che, durante la guerra per l’indipendenza della Guinea e Capo Verde contro il Portogallo, farà di tutto per il bene della propria nazione. In parallelo, ci vengono mostrate le sue vicende famigliari riguardanti la sua giovane moglie e sua madre, che nel frattempo sono rimaste nel loro villaggio.

Nome è indubbiamente un film sincero e genuino. Un film nato da ottimi intenti, che, tuttavia, risente parecchio di una scarsa esperienza dietro la macchina da presa del regista stesso. Immediatamente, infatti, notiamo come l’intero lungometraggio, anche dal punto di vista della scrittura, sia a tratti eccessivamente sfilacciato e tenda pericolosamente a perdere di ritmo. Se a tutto ciò uniamo scene che rimandano, anche solo velatamente, al soprannaturale realizzate in modo posticcio e una regia a tratti eccessivamente maldestra, ecco che, purtroppo, l’intero lungometraggio finisce irrimediabilmente per perdere parecchi punti. Peccato. Bisognerà vedere, comunque, cosa avrà da regalarci il regista in futuro.

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Marina Pavido

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