#CANNES76 – 16/27 maggio 2023 SPECIALE #9 (DAY 3): Le incursioni critiche di Marina sulla Croisette

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Varietà di approcci

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Nella terza giornata di Cannes 76 i film presentati si sono distinti innanzitutto per una grande varietà di tematiche e di approcci registici adottati. Tra qualche delusione e qualche piacevole sorpresa, ecco alcuni dei lungometraggi presentati sulla Croisette.

COMPETITION

JEUNESSE di WANG Bing

Il documentario esamina la vita dei giovani operai cinesi che lavorano nel settore tessile, nella città di Zhili, a 150 km da Shanghai. Lo ha visto per noi Luigi Noera (RECENSIONE).

d31BLACK FLIES di Jean-Stéphane Sauvaire

Grande delusione sulla Croisette in seguito alla visione di Black Flies, diretto da Jean-Stephane Sauvaire e in corsa per la tanto ambita Palma d’Oro. Già, perché, di fatto, questa tanto attesa pellicola si è rivelata, in realtà, un prodotto assai debole, soprattutto per quanto riguarda l’intera struttura narrativa. Ma andiamo per gradi.

Ollie (impersonato da Tye Sheridan) è, dunque, un giovane paramedico che vive a New York e che lavora a stretto contatto con Rutkovsky (Sean Penn), un medico con parecchi anni di esperienza alle proprie spalle. Per le strade (e per le case) della Grande Mela, soprattutto di notte, se ne vedono di tutti i colori. Nonostante ciò, il loro lavoro sembra procedere come da programma, fino a quando un incidente di percorso metterà a repentaglio proprio la carriera di Rutkovsky.

Per le tematiche trattate, questo lungometraggio di Sauvaire sembrerebbe indubbiamente interessante. Almeno sulla carta. Peccato soltanto che si tratti, in realtà, di una pellicola piuttosto problematica. A partire dal fatto che per quasi tutta la prima ora e mezza il film sembra girare pericolosamente a vuoto, guidato da una macchina da presa che segue fedelmente le folli corse e i vari incontri dei protagonisti, esitando fin troppo a entrare nel vivo della vicenda. Allo stesso modo, nella debolissima sottotrama che tratta la neonata relazione tra Ollie e una giovane ragazza madre, non viene raccontato, in realtà, praticamente nulla, fatta eccezione per ripetitive scene di intimità che proprio per il loro stanco reiterarsi assumono a tratti connotazioni involontariamente comiche.

Peccato. Soprattutto perché, di fatto, il presente Black Flies di spunti interessanti ne ha eccome. La storia in sé, tuttavia, è troppo scarna per poter essere trasposta in un lungometraggio e finisce inevitabilmente per trascinarsi per circa due ore fino ad arrivare a un finale, al contrario, eccessivamente repentino.

UN CERTAIN REGARD

d32LOS DELINCUENTES di Rodrigo MORENO

Una piacevole sorpresa, all’interno della sezione Un certain Regard di questo 76° Festival di Cannes, ci è stata regalata dal lungometraggio Los Delinquentes, diretto dal regista argentino Rodrigo Moreno. Caratterizzato da una comicità sottile e velatamente surreale, il lungometraggio sembra voler a tratti rimandare al teatro dell’assurdo (basti pensare, ad esempio, che i nomi dei personaggi sono l’uno l’anagramma dell’altro), approfondendo, al contempo, un mai banale discorso sulla libertà personale e – non per ultimo – sul cinema.

La storia messa in scena, dunque, è quella di Roman e Moran, due impiegati di banca che si sentono incredibilmente frustrati dal loro lavoro. Un giorno, al fine di dare finalmente una svolta alla propria vita, Moran decide di rubare dal caveau della banca un’ingente somma di denaro che equivale a quanto i due avrebbero guadagnato durante tutta la loro carriera. Roman diviene suo complice e, nel momento in cui Moran verrà arrestato, avrà il compito di custodire i soldi fino al momento della scarcerazione del suo amico.

Durante tale periodo, tuttavia, ne accadranno di tutti i colori e Roman avrà anche modo di conoscere – e di innamorarsi – della bella Norma, conosciuta per caso in un villaggio poco lontano da Buenos Aires, dove il suo amico aveva nascosto i soldi.

Los Delinquentes, dunque, si diverte innanzitutto a sperimentare nuove strutture narrative. Diviso in due parti, nella prima il film si concentra principalmente sul furto e sul personaggio di Moran, mentre nella seconda assistiamo alle vicissitudini di Roman, al suo incontro con la bella Norma e anche a un lungo flashback che riguarda nuovamente il suo amico Moran. Nel mettere in scena tutto ciò, Rodrigo Moreno non ha avuto paura di prendersi i suoi tempi, conferendo all’intero lungometraggio un andamento piuttosto placido e contemplativo, con suggestive distese di verde che vengono trattate alla stregua di veri e propri personaggi, piccole troupe cinematografiche amatoriali che registrano suoni ambientali sulle montagne e sale cinematografiche in cui (ri)vedere grandi classici del passato.

Los Delinquentes è tutto questo e nella sua apparente semplicità si è rivelato un film particolarmente arguto, intelligente, ironico e autoironico. Un (non troppo) piccolo fiore all’occhiello all’interno della sezione Un certain Regard di Cannes 76.

ROSALIE di Stéphanie DI GIUSTO

Rosalie è una giovane donna che vive nella Francia del 1870 e che nasconde un segreto: fin dalla nascita ha il viso e il corpo ricoperti di peli. È quella che viene definita una donna barbuta ma non ha mai voluto diventare un volgare fenomeno da luna park. Per paura di essere rifiutata, è da sempre costretta a radersi. Fino al giorno in cui Abel, proprietario di un bar pieno di debiti, la sposa per la sua dote senza conoscere il suo segreto. Lo ha visto per noi Luigi Noera (RECENSIONE).

QUINZAINE

d33UN PRINCE di Pierre Creton

Ormai da anni apprezzato autore, il regista francese Pierre Creton ha anche un passato da botanico e agricoltore e sovente, dunque, ha fatto sì che la sua precedente professione potesse ottenere un posto di rilievo anche nei suoi lungometraggi. Stesso discorso vale, dunque, anche per Un Prince, la sua ultima fatica, presentata in anteprima a Cannes 76 all’interno della Quinzaine des Cinéastes.

In Un Prince, dunque, ci vengono raccontate le vicende di un giovane che lascia casa sua per andare a frequentare una rinomata scuola per giardinieri. All’interno di tale scuola, dunque, avverrà anche la sua educazione sentimentale, grazie all’incontro con anziani insegnanti, studenti ed esperti giardinieri.

Con leggerezza e ironia – conferendo, al contempo, un prezioso simbolismo e una ricercata cura alle immagini sul grande schermo – Pierre Creton, dunque, ci racconta una storia in parte autobiografica lasciando, di volta in volta, che siano gli stessi personaggi a raccontarcela e a raccontarsi. All’interno di un contesto prevalentemente maschile, dunque, soltanto una donna apre la narrazione, per poi lasciare il posto ai veri protagonisti della storia. Una messa in scena, la presente, indubbiamente estrema, la quale, tuttavia, forte di riprese effettuate prevalentemente a camera fissa e di una fotografia dai toni tendenzialmente virati al blu si rivela particolarmente efficace nel conferire al tutto un tocco quasi surreale, che, grazie anche a una particolare e rigorosa direzione attoriale, ci fa quasi pensare al teatro di Bertold Brecht.

Con questo suo Un Prince, dunque, ancora una volta Pierre Creton non ha deluso le aspettative nemmeno dell’esigente pubblico della Croisette.

SEMAINE DE LA CRITIQUE

Compétition

d34Inshallah walad (Inshallah a boy) di Amjad Al Rasheed

Non è facile essere una donna. Soprattutto quando si resta improvvisamente sole e si ha una bambina da crescere. Le cose, tuttavia, potrebbero farsi ancora più complicate nel momento in cui si venga minacciate da famigliari per puri interessi economici. Ne sa qualcosa Nawal (impersonata da Mouna Hawa), protagonista del lungometraggio Inshallah a Boy, diretto dal giovane regista giordano Amjad Al Rasheed e presentato in anteprima in occasione del 76° Festival di Cannes all’interno della Semaine de la Critique.

Nawal, dunque, ha trent’anni e, mamma già di una bambina, sogna di avere un altro figlio da suo marito. Quando quest’ultimo, tuttavia, muore improvvisamente nel sonno, la donna si trova completamente sola e mentre cerca di tirare avanti per il bene di sua figlia, i suoi cognati la ricattano affermando che, a causa di alcuni debiti del suo defunto marito, potrebbero impossessarsi di casa sua. A meno che la donna non sia già nuovamente incinta.

Nawal corre tutto il giorno da una parte all’altra della città. Sembrerebbe che i suoi problemi non possano mai risolversi. La nipote di una sua paziente è incinta e con un test di gravidanza falsificato potrebbe aiutarla in tribunale. Ma sarà questa la strada giusta da percorrere?

Con Inshallah a Boy, Amjad Al Rasheed ha voluto innanzitutto denunciare un sistema in cui le donne sole sembrano non godere di tutela legale alcuna all’interno di una società in cui usi e costumi finiscono per rivelarsi – purtroppo – ancora troppo obsoleti. A tal fine, un ruvido realismo si rivela la soluzione vincente per mettere in scena le vicissitudini della protagonista, rese ancora più cariche di pathos sul grande schermo da intensi primi piani e da momenti in cui i silenzi – durante le notti insonni, in cui il telefono non cessa di squillare – valgono più di mille parole.

Anjad Al Rasheed ha messo in scena tutto ciò con grazia ed eleganza, rendendo questo suo Inshallah a Boy un lungometraggio intenso e mai banale, in cui, di fianco a tante disgrazie, non è mai troppo tardi per sperare in un futuro migliore.

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Marina Pavido

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