Un affresco dell’America degli anni Ottanta in una delicata storia famigliare – Armageddon Time – la recensione di Marina
(Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)
La storia di una nazione vista attraverso gli occhi di un singolo personaggio. Il 1980 è un anno a dir poco cruciale per quanto riguarda la storia degli Stati Uniti d’America. Alla vigilia dell’elezione a Presidente di Ronald Reagan, il giovane Paul (interpretato da Michael Banks Repeta) frequenta una scuola pubblica insieme al suo amico Johnny (Jaylin Webb). Il ragazzo sogna di diventare artista, ma soltanto suo nonno materno (il grande Anthony Hopkins) sembra sostenerlo nelle sue speranze per il futuro. Tutti loro, dunque, sono i protagonisti di Armageddon Time, ultimo lungometraggio del regista James Gray, presentato in concorso a Cannes75.
Armageddon Time, dunque, è una delicata storia famigliare, in cui equilibri precari generano inevitabilmente un disperato desiderio di scappare via lontano. Il sogno americano, unitamente ai desideri del giovane protagonista, gioca qui un ruolo a dir poco centrale.
Paul e Johnny sono due personaggi apparentemente agli antipodi (e, come sappiamo, in un’epoca come la presente era pur sempre un problema essere considerato “diverso): il primo viene da una famiglia benestante, che, malgrado faccia di tutto per garantirgli un futuro luminoso, non riesce mai realmente a comprendere i suoi bisogni. Johnny, invece, è un bambino di colore, che in seguito a determinate vicende, è costretto a vivere in strada.
Due mondi, due diverse realtà che sembrerebbero non riuscire a incontrarsi mai a causa, soprattutto, di ciò che la società si aspetta da ognuno di loro. Il discorso politico si adatta alla realtà dei singoli e ciò che ne viene fuori è un affresco variegato e variopinto di un’epoca cruciale per gli Stati Uniti d’America (e non solo). James Gray ha messo in scena ciò con raffinata maestria, regalandoci un ritratto dell’America degli anni Ottanta ricco e variegato. Il suo Armageddon Time è un vero e proprio fiore all’occhiello del concorso di Cannes75, nonché ulteriore conferma del talento del regista statunitense.
Marina Pavido