
(da Berlino Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della BERLINALE)
BERLINALE SERIES: The Good Mothers di Julian Jarrold, Elisa Amoruso VINCE!
Philippe Garrel e l’Amore per l’Arte della recitazione, TALENTS imperdibili: Geraldine Chaplin e John Malkovich parlano dell’umorismo e ricordano le loro interpretazioni indimenticabili
COMPETITION
Le grand chariot di Philippe Garrel
Philippe Garrel mette in scena con i suoi figli Louis, Esther e Léna una famiglia di commediati burattinai in una commedia che inneggia all’arte del racconto.
Viene esaminato seppure sommesso il tema delle novità tecnologiche che ai tempi in cui sis volge la piece teatrale mettono in difficoltà la famiglia di commedianti come oggi le nuove tecnologie hanno azzerato tante professioni artigianali.
Forse è questo il punto: se Garrel suggerisce che il burattinaio della vecchia scuola ha fatto il suo tempo, ovviamente si sospetta che stia parlando anche del suo stesso tipo di cinema.
The Plough inizia con una giovane donna, Laura, che aiuta una troupe di burattinai, Le Grand Chariot (il titolo inglese The Plough traduce il loro nome, un riferimento alla costellazione). Laura scambia baci con il burattinaio part-time Pieter (Damien Mongin), ma la narrazione passa poi alla famiglia che gestisce la troupe: padre Simon (Aurélien Recoing), i suoi figli adulti Louis, Martha e Léna (Louis, Esther e Léna Garrel) e la loro nonna Gabrielle (Francine Bergé), una bohémien di sinistra incallita.
La troupe, a corto di fondi, mantiene comunque le tradizioni del teatro di figura della vecchia scuola con spettacoli un po’ scricchiolanti e stranamente letterari che riguardano più giochi di parole ricercati anche se sembrano ancora deliziare il pubblico dei giovani. Ma niente rimane uguale per sempre, e quando arriva il momento per la troupe di considerare il proprio futuro, gli eredi devono decidere se stare o meno al passo con i tempi. I problemi familiari si intensificano mentre Gabrielle sviluppa la demenza – una svolta un po’ laboriosa, dato che le sue reminiscenze l’hanno resa una personificazione della memoria culturale e politica francese.
Ne viene fuori un racconto cupo e disastroso!
Music di Angela Schanelec
Il racconto anzi i frammenti del complesso di Edipo che la Schanelec sceglie di mostrare ci porta dalla Grecia e poi nella Germania odierna, ma le linee temporali si allungano e si comprimono in maniera disturbante. Ci sono intere sequenze che si svolgono senza dialogo e allora l’attenzione si sposta sui suoni provenienti da fuori campo. È un film che dosa la parte fantasiosa con grande godimento per lo spettatore in una serie di sequenze straordinarie, come il primo dell’infermiere in ambulanza che salva un neonato da morte sicura.
Music è un film da festival cinematografico nel quale Edipo, viene ribattezzato Jon in questa storia. Suo padre, Luciano (Laio nel mito) incontra il figlio ormai adulto sul ciglio della strada. Sentendosi inspiegabilmente attratto da Jon, cerca di baciarlo. Jon lo spinge via, uccidendo accidentalmente suo padre quando la testa di Lucian colpisce una roccia. In prigione, dove alcuni detenuti indossano le scarpe con la zeppa di legno usate nei drammi dell’antica Grecia, Jon incontra la simpatica guardia carceraria Iro, versione cinematografica del mito greco.
Al suo rilascio dal carcere, i due diventano una coppia e hanno una figlia insieme. La consapevolezza della verità si rivela insopportabile e lei si uccide. Diversamente dalla ferocia del mito originale, Jon rimane inconsapevole della vera natura dei suoi peccati. Piuttosto che cavarsi gli occhi dal senso di colpa, perde la vista naturalmente e gradualmente nel tempo, trovando uno stato di grazia con sua figlia e con la musica che gli ha offerto una via di fuga dalla fame spirituale della vita carceraria.
Una cosa che non è mai in discussione, nel frattempo, è il potere di trasformazione della musica. Verso la fine del film vengono utilizzate composizioni commoventi. La musica è l’unica certezza che Schanelec ci concede dando il titolo al film.
20000 SPECIES OF BEES di Estibaliz Urresola Solaguren
E’ la storia di un bambino alle prese con la sua identità di genere come lo siamo stati tutti quando abbiamo passato la fase preadoscenziale e magari eravamo attirati verso il nostro amico/a prediletto/a. Dietro un titolo neutro si nasconde invece una teoria che va molto di moda tra i cineasti soprattutto se si vuole far parlare di se.
Cocò è un bambino dai modi effeminati con i capelli lunghi e le unghie delle mani dipinte ed in bafgno si siede come le femmine.
Tutto questo è il frutto del rapporto con la madre Ana e delle sue idee bizzare su come tirare su un figlio.
La storia si svolge in Catalogna dove vive la nonna di Cocò che alleva Api (da cui viene preso a prestito il titolo del film). Il film ci racconta il disagio di un bambino che ha un rapporto conflittuale con gli altri bambini per i suoi modi effeminati e del rapporto con la madre a modo suo amorevole.
Qualcuno ha parlato di famiglie mostro dove la diversità non è accettata, ma ci domandiamo fino a che punto sia plausibile una teoria così drastica visto che un neonato è come una spugna che assorbe tutto quanto gli viene proposto dal mondo che lo circonda.
Ci domandiamo infatti se Cocò avesse avuto una madre diversa come sarebbe stata la sua storia. Ecco la storia proposta è a senso unico e non mostra larghezza di vedute come ci vorrebbe far credere la regista!
Afire di Christian Petzold
Il piano di Leon e Felix era quello di trascorrere l’estate insieme in una casa per le vacanze sulla costa baltica. Ma ci sono anche Nadja e Devid, che portano con sé tante vibrazioni positive. Quattro giovani che sperimentano l’amore, anche se per Leon non è facile. Il suo manoscritto incompiuto lo perseguita ovunque vada, sia al chiosco che alla spiaggia. Il buon umore degli altri spesso fa crollare il suo. Una visita del suo editore è imminente. Ma, quando quest’ultimo arriva con la sua elegante macchinina, la foresta inizia a infiammarsi. Piove cenere, il cielo si tinge di rosso, e un rapporto-dramma che fonde intensità fisica e sublimazione artistica prende una nuova dimensione. Un film sospeso tra simbolismo e realismo, allo stesso tempo divertente e profondamente tragico.(RECENSIONE)
BERLINALE SPECIAL
Infinity Pool di Brandon Cronenberg
Sulle spiagge incontaminate, il male brilla sotto un sole puro mentre lo staff legge il minimo desiderio nei tuoi occhi: James ed Em si stanno godendo la vacanza perfetta. Ma un giorno, quando escono dai cancelli del resort di lusso con la seducente e misteriosa Gabi, accade un tragico incidente e all’improvviso per la coppia non si può più tornare indietro. Si ritrovano in un mondo parallelo di violenza, edonismo sconfinato e orrore indicibile, e si trovano di fronte a una scelta inimmaginabile secondo la politica di tolleranza zero dell’isola contro il crimine: essere giustiziati o, se te lo puoi permettere, guardarti morire! Cosa succede quando la vita e la morte sono così simili che non riesci più a distinguerle? Brandon Cronenberg ci invita ad andare oltre i nostri limiti dove nulla è vero e tutto è possibile. (RECENSIONE)
BERLINALE SERIES
E’ stata annunciata la Serie che ha convinto i giurati; si tratta di The Good Mothers di Julian Jarrold, Elisa Amoruso
La giuria della Berlinale Series – Mette Heeno, André Holland e Danna Stern – ha deciso: il primo Berlinale Series Award in collaborazione con Deadline va a The Good Mothers. Una Menzione Speciale è stata dedicata alla Serie norvegese Arkitekten (L’Architetto). Con la seguente motivazione:”The Good Mothers ci ha catturato con i suoi personaggi sfaccettati che sono trattati con cura e permettono di evolversi davanti ai nostri occhi. Eravamo commossi, ansiosi e, a volte, senza fiato.
I creatori della serie sono stati meticolosi nel ricreare un mondo autentico e dettagliato, presentato da un cast stellare, con performance che ci hanno fatto battere forte il cuore.
La splendida cinematografia, la scenografia e le location contribuiscono a creare un’atmosfera ultra-realistica dello spettacolo, il che è giusto, considerando che è basato su eventi realmente accaduti e su personaggi della vita reale: le donne coraggiose che hanno resistito a decenni di oppressione e misoginia e contribuito a far crollare la mafia calabrese”.
Il Berlinale Series Award è il primo premio di un festival ad essere istituito appositamente per una serie. Con l’introduzione della Berlinale Series nel 2015, la Berlinale è stato il primo festival di prim’ordine al mondo a rendere giustizia al cambiamento delle abitudini dello spettatore e all’importanza della narrazione seriale.
Sette serie sono state nominate per il Berlinale Series Award, che è stato consegnato mercoledì 22 febbraio allo Zoo Palast.
In breve la Serie si ricapitola con una frase che denota una brutale società patriarcale: “Ricorda una cosa. Chi sei, Denise? Sei mia.” L’amata madre di Denise scompare senza lasciare traccia, letteralmente davanti ai suoi occhi. Anni prima aveva testimoniato contro suo marito, il famigerato boss della ‘Ndrangheta Carlo Cosco, sperando in un programma di protezione dei testimoni che non si è mai realizzato. Denise e altre due donne nate nelle famiglie mafiose più ricche d’Italia diventano alleate chiave di una giovane procuratrice, Anna Colace, che ha fatto della sua missione quella di rovesciare il brutale sistema dall’interno.
Adattato dall’omonimo romanzo di Alex Perry, basato su fatti realmente accaduti, lo sceneggiatore Stephen Butchard intreccia le storie di tre donne straordinarie e racconta la loro coraggiosa decisione di voltare le spalle a un circolo vizioso di oppressione e violenza e di affrontare invece le loro stesse famiglie.
PANORAMA
Sira di Apolline Traoré
Immagini restaurate di mucche portate al macello di un documentario anni ’70 sulle colonie africane non è che sia cambiato molto: povertà e miseria regnano sovrane come adesso. Si fa la fila per avere un bidone d’acqua e le donne si azziffano per questo, ma il peggio è il potere imeprsonato da un poliziotto.
Film molto crudo di come vengono sgozzati gli animali. Lo stile è quello di Pasolini ma girato a colori.
Siamo sulla costa ovest dell’Africa nel Sahel e ci viene mostrata la costa rocciosa. Anche allora il miraggio di andare in Europa per migliorare la propria condizione con l’accompagnamento di musiche sul mito di Parigi. Le scene sono un tributo della tradizione filmica del verismo cinematografico. Ma
Una storia potente di sopravvivenza e vendetta di Sira con una visione incentrata sulle donne delle attuali tensioni nel nord Africa. Una donna di 17 anni viaggia in carovana con la sua famiglia nomade Fulani per incontrare il suo futuro marito. Lungo il percorso, la famiglia di Sira deve affrontare un gruppo di uomini armati dell’organizzazione militante di Boko Haram che ne uccidono la maggior parte. Sira viene violentata ma riesce a scappare e si ritrova con un gruppo di giovani donne rapite da vari paesi tenute prigioniere come serve e schiave del sesso. Quasi sopravvivendo al limite della sopravvivenza fa amicizia con le donne e cerca un modo per ribaltare la situazione. Traoré mette in scena Sira con un dramma in un paesaggio molto imponente nel quale gli abiti dai colori vivaci dei nomadi sono un contrasto agli occhi dello spettatore.
BERLINALE TALENTS
IN THE LIMElIGHT: BEING JOHN & GERALDINE – E’ stato emozionante asssistere al duetto fra le più grandi leggende viventi del cinema e ad attori camaleontici ma è anche un divertimento impagabile. Geraldlne Chaplin e John Malkovich si sono confrontati sull’umorismo e rivisitano i loro ruoli più indimenticabili.
Luigi Noera