Soldi e potere nella società capitalista – Triangle of Sadness – la recensione di Marina
( Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)
Se nel 2014 un’enorme ondata stava a rompere tutti i precari equilibri precostituitisi (nel lungometraggio Forza maggiore), ecco che, otto anni più tardi, è una tempesta in mare aperto – con conseguente naufragio – a ribaltare ruoli e situazioni. Il regista Ruben Östlund. – già Palma d’Oro a Cannes nel 2017 per The Square – si è divertito a sviscerare ogni aspetto e ogni bizzarra abitudine del mondo capitalista nel suo ultimo, irriverente lungometraggio, Triangle of Sadness, in concorso alla 75° edizione del Festival di Cannes.
Yaya e Carl, dunque, sono due modelli e influencer che, appena dopo la fine della Fashion Week, vengono invitati a prendere parte a una crociera su uno yacht di lusso. Durante una cena con il capitano della nave (impersonato da Woody Harrelson) si scatena una tempesta, tra i passeggeri dilaga il panico e, al mattino seguente, i sopravvissuti si ritrovano su un’isola deserta. Sarà qui, dunque, che le differenze di classe verranno annullate, i soldi non avranno più alcun valore e i ruoli si invertiranno. A cosa porterà tutto ciò?
Diviso in tre capitoli, Triangle of Sadness analizza al microscopio – in modo alquanto impietoso – ogni singolo aspetto dell’animo umano rapportato al desiderio di soldi e di successo. Yaya e Carl sono giovani, belli, hanno un grande seguito e il loro successo dipende principalmente dal numero dei loro follower. Su di loro, inizialmente, il regista concentra tutta la sua attenzione in un divertente siparietto che ha luogo in un ristorante di lusso, al momento di pagare il conto. Da quel momento in avanti il film – fatta eccezione per qualche lungaggine di troppo riguardante soprattutto il capitolo in cui i protagonisti e i loro compagni di viaggio si trovano sull’isola – il film è tutto in crescendo e, attraverso una serie di situazioni esilaranti al limite del paradossale (tra cui, su tutte, la cena sulla nave, dove, a causa del mal di mare, finiscono tutti per vomitare ovunque) analizza al microscopio ruoli e ideologie all’interno di una società in cui soltanto il Dio Denaro sembra avere potere su tutto.
Ruben Östlund non ha pietà di niente e di nessuno e in un’opera in cui nessuno dei protagonisti è realmente senza macchia, pronto com’è a vendere sé stesso e ciò a cui tiene pur di avere un proprio tornaconto, ci sembra più in forma che mai. Il suo Triangle of Sadness è una piacevole sorpresa all’interno della selezione di Cannes75. Un film politico, provocatorio e meravigliosamente folle arrivato sugli schermi della Croisette come una piacevole ventata d’aria fresca.
Marina Pavido