SPECIALE #CANNES75 – 17/28 maggio 2022 #08 (DAY 4): Le incursioni critiche di Marina Pavido sulla Croisette

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(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Jerzy Skolimowski omaggia Robert Bresson, ma anche un’inaspettata Elisabetta d’Austria nel film Corsage presentato ad Un Certain Regard, mentre  Arnaud Desplechin delude la platea

Ce ne voglia il Direttore artistico, ma iniziamo dalla selezione di Un Certain Regard

corsage-kreutzer-cannesUn’inaspettata Elisabetta d’Austria – Corsage

Un insolito, controverso ritratto dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria (da tutti chiamata affettuosamente Sissi) è stato presentato in anteprima in occasione del Festival di Cannes 2022 – all’interno della sezione Un Certain Regard. Il lungometraggio in questione è Corsage, ultima fatica della regista austriaca Marie Kreutzer, con protagonista la celebre (e bravissima) Vicky Krieps. Elisabetta d’Austria è, in questa particolare occasione, una donna fragile, umana, ossessionata dalla cura del corpo e dal passare del tempo, che ci viene mostrata in tutta la sua umanità.

Tutto ha inizio alla vigilia del suo quarantesimo compleanno, nel dicembre 1877. Elisabetta vive insieme a suo marito, l’Imperatore Francesco Giuseppe (Florian Teichtmeister), e ai figli Rudolph (Aaron Friezs) e Maria Valeria. Il rapporto con il coniuge si è ormai raffreddato e il desiderio di scappare via lontano è sempre molto forte.

In Corsage, dunque, Marie Kreutzer si è completamente affidata alla sua protagonista, regalandoci intensi primi piani e dettagli di mani che stringono corsetti, sfrenate corse a cavallo e momenti di relax nelle sale del palazzo. Allo stesso modo, durante il film ci vengono mostrati i lati più controversi dell’Imperatrice tramite un crudo realismo, ulteriormente accentuato da ambienti sfarzosi e decadenti allo stesso tempo e da momenti in cui vediamo la protagonista disperarsi per la morte del suo cavallo, fare le boccacce al medico (nel momento in cui questi le dice che a quarant’anni era ormai considerata anziana e farsi iniettare questa “nuova medicina”, l’eroina, all’epoca considerata una medicina in grado di porre fine a ogni qualsivoglia tormento interiore senza correre alcun rischio per la salute.

E così, in Corsage, i costumi e le scenografie si contrappongono fortemente alle musiche pop, ricordando quasi l’approccio adottato da Sofia Coppola in Marie Antoinette (2006). In questo caso, però, Marie Kreutzer ha optato per una messa in scena più classica, focalizzando la sua attenzione esclusivamente sulla sua protagonista e rendendo questo suo importante film un lungometraggio coraggioso e mai eccessivo o gratuito.

Info su Corsage su Cinema Austriaco

eo-skolimowski-cannesDalla Selezione principale segnaliamo Lo sfruttamento degli animali e un omaggio al grande Robert Bresson – EO

Au Hasard Balthazar, diretto nel 1966 dal grande Robert Bresson è uno dei capolavori indiscussi della storia del cinema, senza paura di esagerazione alcuna. Parecchie aspettative, dunque, ha suscitato la presenza in concorso alla 75° edizione del Festival di Cannes di EO, ultima fatica del cineasta Jerzy Skolimowski, che – da sempre grande estimatore della pellicola di Bresson – ha voluto, appunto, realizzarne una sorta di remake/omaggio.

EO, dunque, è un asinello che fa parte di un piccolo circo di provincia e che viene curato e coccolato da una ragazza solita esibirsi con lui. Un giorno l’asino viene venduto, riuscirà a scappare e inizierà un lungo, lunghissimo percorso nelle zone più remote dell’Europa orientale e meridionale, in cui tramite continui flashback continuerà a ricordare i tempi felici insieme alla sua amica, sognando di poter tornare, un giorno, da lei.

EO è una tagliente denuncia nei confronti dello sfruttamento degli animali (come dimostra esplicitamente una scena in cui alcuni manifestanti protestano contro chi è addetto al commercio del bestiame), ma anche un lungometraggio visivamente accattivante, che si discosta sapientemente da quanto realizzato da Bresson e che, tramite un linguaggio tutto suo, gli rende omaggio in modo onesto e sincero.

A tal fine, Jerzy Skolimowski ha dato vita a un interessante connubio tra reale e onirico, tra narrazione lineare e sperimentalismo, in cui colori virati al rosso stanno fin dall’inizio a trasmettere un’inquietante sensazione di morte e in cui un accurato commento musicale conferisce al tutto un ritmo al cardiopalma. Tutto ci viene mostrato esclusivamente dal punto di vista dell’asino (frequente, inoltre, è l’uso della soggettiva), insieme a lui anche noi ci sentiamo confusi, spaesati, terrorizzati.

EO è un urlo di dolore, il sogno di un passato felice, la speranza in un futuro migliore che sembrerebbe non riuscire ad avverarsi mai. Un lungometraggio dolente e doloroso, in cui un approccio registico in pieno stile skolimowskiano si rivela, al contempo, memore in modo ossequioso di chi per Skolimowski stesso è stato modello fondamentale.

frere-et-soeur-desplechin-cannesInvece una grande delusione per Un burrascoso rapporto tra fratello e sorella in un importante dramma famigliare – Frère et Soeur

Grande delusione, in concorso alla 75° edizione del Festival di Cannes, Frère et Soeur, ultimo lungometraggio del celebre cineasta francese . Già, perché, di fatto, nel mettere in scena un controverso e problematico rapporto tra fratello e sorella che si trovano a condividere un importante dramma famigliare, il regista ha più e più volte perso il filo del discorso, lasciando che l’intero lungometraggio finisse per accartocciarsi su sé stesso, perdendo pericolosamente di credibilità. Ma andiamo per gradi.

Alice (impersonata da Marion Cotillard) e Louis (Melvil Poupaud) non si parlano da quasi vent’anni e si odiano profondamente. Un giorno i loro genitori hanno un drammatico incidente d’auto e finiscono in ospedale rischiando seriamente la vita. Sarà impossibile, in quel caso, non incontrarsi. Riusciranno in qualche modo a raggiungere una sorta di “tregua”?

Alice è un’attrice di successo, Louis uno stimato scrittore. Due forti personalità, due ego importanti e un odio latente che ha impiegato diversi anni a esplodere in tutta la sua potenza. La situazione di partenza potrebbe dar adito indubbiamente a risvolti e situazioni interessanti. Peccato, però, che nessuno degli obiettivi che Desplechin si era prefissato viene raggiunto. Entrambi i protagonisti sono costantemente sopra le righe, fastidiosamente innaturali, al punto che lo spettatore non riesce a empatizzare con loro nemmeno nei momenti in cui dovrebbero mostrare qualche, seppur debole, barlume di umanità.

Allo stesso modo, una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti e che fa sì che tutto si risolva in modo talmente semplice e banale da non risultare addirittura credibile contribuisce a rendere il presente Frère et Soeur un pastiche di elementi e personaggi che ora vorrebbero rimandare a grandi classici del passato (su tutti, Eva contro Eva, per quanto riguarda la figura dell’ammiratrice di Alice), ora si ritrovano in situazioni improbabili (ad esempio, a fare i missionari in Africa) in modo del tutto fuori contesto.

Le motivazioni che muovono i protagonisti sono deboli, le scene che sfiorano addirittura il grottesco involontario, al contempo, sono molte più di quanto si possa pensare. Frère et Soeur fa praticamente acqua da tutte le parti, penalizzando addirittura le performance dell’intero cast. La prima, grande delusione di questo Festival di Cannes 2022.

Lo sguardo sulla Settimana della Critica ci offre due film nei quali cogliamo la vita apparentemente tranquilla di un falegname e una bambina divenuta adulta prima del tempo – The Woodcutter Story e Love according to Dalva

Con un variegato e variopinto focus su registi che per la prima volta hanno deciso di mettersi in gioco dietro la macchina da presa, la Semaine de la Critique di questa 75° edizione del Festival di Cannes sta offrendo al pubblico della Croisette delle vere e proprie perle. A tal proposito, due lungometraggi particolarmente degni di nota – molto diversi l’uno dall’altro per approccio e tematiche – sono The Woodcutter Story, diretto dal finlandese Mikko Myllylahti e Love according to Dalva, per la regia della cineasta belga Emmanuelle Nicot.

the-woodcutter-story-love-according-to-dalva-cannesIn The Woodcutter Story, dunque, la storia messa in scena è quella del falegname Pepe, un uomo sereno e pacato che sembra non chiedere nulla alla vita, se non trascorrere giornate tranquille nel suo piccolo villaggio insieme alla sua famiglia. La sua calma interiore non sembra vacillare nemmeno nel momento in cui una serie di disgrazie si abbatteranno sulla sua vita, stravolgendo completamente ogni equilibrio precostituitosi.

Qual è, dunque, il senso della vita? Con un sottile e raffinato umorismo nero – tipico della cinematografia scandinava – il regista ha realizzato un piccolo e prezioso lungometraggio che, attingendo a piene mani da quanto realizzato in passato (con tanto di esplicite citazioni a pellicole che hanno fatto la storia del cinema) riesce, al contempo, a trovare un linguaggio tutto suo e a regalarci un protagonista (impersonato dall’ottimo Jarkko Lahti) che non dimenticheremo facilmente.

Di ben altra impronta, invece, è il delicato Love according to Dalva, opera prima di Emmanuelle Nicot. Qui, infatti, viene messa in scena la storia della giovane Dalva, appunto, rapita da suo padre quando era ancora una bambina e costretta dall’uomo a diventare adulta prima del tempo e a subire una serie di abusi per lei quasi del tutto naturali.

Particolarmente degno di nota, a tal proposito, è il complesso percorso di crescita della protagonista (una magnetica Zelda Samson), giunta in un centro d’accoglienza per ragazzi in difficoltà in piena sindrome di Stoccolma, ma che, grazie anche all’aiuto di alcuni suoi amici, comprenderà ciò che è giusto e cosa è sbagliato, imparando a osservare le cose dalla giusta prospettiva. Un lungometraggio estremamente doloroso, ma anche tenero e commovente, che di un approccio realistico e di sottili giochi di sguardi ha fatto i suoi cavalli di battaglia, rivelando il talento di una regista che, si spera, avrà in futuro ancora tanto da offrirci.

Marina Pavido

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